#SdR20venti: Integrare i criteri ESG in portafoglio, una scelta vincente.

I criteri ambientali, sociali e di governance sono ormai un requisito imprescindibile dell’analisi finanziaria, non solo per il loro impatto consistente sul rendimento e sulle performance, ma anche per il loro effetto (ormai circoscritto) sul rischio di portafoglio e sulla volatilità.

 

L’industria del risparmio gestito è ora chiamata a uno sforzo cruciale: divenire motore della transizione globale verso un’economia più sostenibile, inclusiva e responsabile. Ci riuscirà? Se sì, attraverso quali strumenti? Le conferenze del Percorso numero Quattro al Salone del RisparmioSostenibilità e Inclusione – faranno luce proprio su questi interrogativi. Dopo il successo dell’edizione 2019 interamente dedicata ai fattori ESG (Environmental, social and corporate governance), l’attenzione su questi temi continua. A presentarli, intanto, è Isabella Della Valle, vice caposervizio e coordinatrice operativa di Plus24.

 

«L’industria della gestione rivolge ormai grande attenzione agli investimenti guidati da fattori ESG, ma non è sempre stato così» commenta la giornalista, «Fino a qualche anno fa, era forte il pregiudizio secondo il quale questo tipo di attività fosse meno remunerativa rispetto all’investimento “tradizionale”».

 

Negli ultimi tempi le aziende sostenibili hanno ampiamente dimostrato di saper generare risultati migliori nel medio e lungo termine. Oggi in Europa, gli asset che rispettano i criteri ESG crescono al triplo della velocità rispetto a quelli tradizionali: Morningstar stima che a livello globale le masse abbiano superato i trentamila miliardi di dollari. Con quasi dodicimila miliardi di capitali gestiti, l’Europa è leader a livello internazionale. E l’Italia? Produce il 9% del totale europeo, un peso raddoppiato negli ultimi quattro anni.

 

Ma ESG non significa solo “ambiente”: Assogestioni è molto attiva anche in ambito governance e in particolare sul tema della parità di genere. È stato infatti largamente riconosciuto come, nel periodo antecedente la crisi finanziaria del 2008, la mancanza di un adeguato livello di diversity negli organi di amministrazione abbia contribuito a un comportamento meno prudente, talvolta rischioso, da parte di enti e società.

 

A questa carenza si è tentato di ovviare attraverso numerose norme, sia a livello europeo che a livello nazionale, e soprattutto in ambito finanziario: oggi gli strumenti e i prodotti rivolti all’uguaglianza di genere sono in crescita, così come gli indici che li catalogano.

 

Considerata la rilevanza del tema, Assogestioni ha istituito un apposito Comitato Diversity, con l’obiettivo di sensibilizzare le SGR sull’adozione di politiche volte ad assicurare parità di trattamento e di opportunità a tutti i livelli. L’Associazione ha assunto così un ruolo da protagonista, dettando le linee guida per la definizione di politiche di diversity nel risparmio gestito.

 

 

 

Insomma, i temi della sostenibilità e dell’inclusione sono ormai sotto gli occhi di tutti, ma non mancano gli ostacoli da superare. Le tappe obbligatorie per il futuro? Ecolabel, tassonomia e maggior trasparenza.

 

«È proprio la tassonomia a destare maggiore preoccupazione tra gli operatori più sensibili al tema» continua Isabella Della Valle, «A ottobre 2019, infatti, i governi europei hanno concordato di posporre l’implementazione di un approccio armonizzato al 2022. Ma la strada ormai è segnata: il settore finanziario può e deve trasformarsi in un veicolo di cambiamento verso la sostenibilità».

 

 

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